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Solo in pochi, quando pensano al mare, riescono a vedere un cielo sulla terra. Il soffitto del mondo si sdraia lì davanti ai nostri piedi e si allunga per invitarci a entrare. Viene l’onda e ci afferra le caviglie, lascia la schiuma come un sentiero di briciole perché noi la si possa inseguire e si allontana da lì. Poi, subito dopo, ritorna a cercarci. Il mare è una terra liquida, dove occorre immergersi per potersi muovere. Anche dentro la serie Sirene e Tritoni, del maestro Antonio Balbi da Roccagloriosa, nessuno potrà prendere il largo verso alcun viaggio, se non salpando dal pavimento in cui si trova, per nuotare dentro le immagini che prendono forma di là dalle tele.
Mentre ce ne stiamo lì davanti a queste opere, figure che non vivono nel nostro mondo escono da una mitologia antica e ci invitano a raggiungerle dentro a oceani di colori. Il nuoto che ci separa da loro, ci svela come quel movimento di braccia sia il solo che permetta all’uomo di volare da sveglio, di spostarsi sopra la terra dei fondali e dei loro abitanti, come gli uccelli si spostano sopra le nostre teste. “Il mare regala alle braccia ciò che l’aria e il cielo regalano alle ali”, sembra essere il primo insegnamento del Balbi.
Ma nell’oceano di colori acrilici in cui prende forma l’universo balbista, ci sono altri segreti da scoprire. Il gioco delle onde, quel risuonare gioioso davanti al cancello del mare, è lo stesso che fa un cagnolino che riporti la palla al padrone e poi la rincorra nuovamente quando quest’ultimo gliela lancia di nuovo. Chi è allora il padrone che sta giocando con quelle acque?
Alle creature mitiche che chiamano casa il mare, il maestro di Roccagloriosa ha dedicato questa serie di sirene e tritoni. Si tratta di una reinterpretazione in chiave pop di un mito cantato in quel mondo greco che è stato culla e fucina del nostro occidente. La pop art del maestro Balbi è un sentiero nuovo. Qualcosa che nasce dall’officina creativa degli anni Sessanta, ma che per diversi motivi se ne discosta.
In pieno boom economico, quando in occidente era in ascesa un modello di consumismo sfrenato e con esso la pop art, gli idoli da venerare non si trovavano più nelle chiese, ma negli schermi dei televisori, tra i cartelloni pubblicitari. La società dello spettacolo aveva fatto credere a tutti che avrebbero avuto quindici minuti di celebrità, mentre dense nubi sputate dalle ciminiere delle fabbriche rendevano l’aria irrespirabile e coprivano di morte l’azzurro del cielo. La società dei consumi ci ha lasciato un mondo profondamente malato, dove in pericolo non sono solo gli uomini, ma, per la prima volta, il pianeta intero.
A quest’orizzonte di profonda sofferenza, il maestro di Roccagloriosa contrappone la sua arte e ci invita a ritornare alle origini. Occorre tornare a quel mondo ellenico dove gli uomini viaggiavano di terra in terra, alla scoperta di nuovi orizzonti, senza sentire il bisogno di possedere ogni cosa. Eravamo figli degli dei e ne eravamo con-sapevoli.
Così, ecco comparire i tritoni del Balbi. Loro, che sono i figli del dio del mare Posei-done, se ne stanno dentro le tele come creature di luce e solcano i mari indicandoci la strada per tornare a essere fratelli di quelle acque, non carnefici delle sue creature e devastatori dei suoi fondali. Nella mitologia antica, i tritoni hanno corni di conchi-glia, con cui annunciano l’arrivo del padre e placano le tempeste marine. Nella mitologia balbista, i tritoni suonano i loro corni per indicarci la direzione da seguire per far pace con il regno di Poseidone.
Ma, sopra questi oceani, il suonar di corni di conchiglia, non è l’unica melodia. C’è anche un altro canto antico che si compone dentro i libri di Omero e arriva fino a noi come un vento salvifico. E’ il canto delle sirene.
Uno dei più grandi enigmi dell’antichità trova tra queste tele la sua soluzione. Per secoli gli uomini si sono domandati come fosse il canto delle sirene, quale la musica con cui accompagnavano le loro voci. Certo, altrove erano descritte come pericolose creature che ammagliavano i marinai, tanto da indurli a buttarsi a mare per raggiungerle a nuoto, costringendoli così a morire per annegamento.
Le sirene del maestro di Roccagloriosa s’ispirano a un’altra nobile tradizione: quella che le descriveva come sentinelle del mare, divinità che prestavano soccorso a chi ne aveva bisogno. E’ questo il tratto disegnato dal Balbi, questo il significato. Occorre che ritorni popolare quel tempo in cui avevamo del mare un rispetto enorme, guidati dai tritoni e circondati dalle tante creature che lo popolano con lo stesso diritto che abbiamo noi di esserne figli. E se perdiamo la rotta e ci troviamo in pericolo? Nessun problema, le sirene ci verranno in soccorso. Da Ulisse alle ambulanze del mare, ecco riscritto il mito delle sirene nell’arte del Balbi.


Giovanni Rodini