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L'imballatore chino
che mi svuota la stanza
fa il mio stesso lavoro.
Anch'io faccio cambiare casa
alle parole, alle parole
che non sono mie,
e metto mano a ciò
che non conosco senza capire
cosa sto spostando.
Sto spostando me stesso
traducendo il passato in un presente
che viaggia sigillato
racchiuso dentro pagine
o dentro casse con la scritta
"Fragile" di cui ignoro l'interno.
E' questo il futuro, la spola, il traslato,
il tempo manovale e citeriore,
trasferimento e tropo,
la ditta di trasloco.


Valerio Magrelli

 

Sì, il mestiere dell’imballatore ha molti tratti in comune con il lavoro del pittore. In realtà è proprio lo stesso mestiere. Lo sa bene il maestro Antonio Balbi che nelle sue opere ha sempre espresso e raffigurato il desiderio di esplorare territori sconosciuti, enunciando tra le sue tele uno spazio nuovo che prende i contorni e si identifica in una nuova narrazione visiva.

Il suo viaggio parte sempre dal luogo chiuso di una stanza, quella dove lui lavora, e da lì si allarga alle strade del mondo. E’ un percorso che si declina quotidianamente attraverso la costruzione di forme capaci di generare sogni, fantasie, timori e memorie.

Il balbismo è un lungo viaggio che approda ad un centro ideale capace di innalzare a simbolo gli interrogativi di una vita da artista, il monumentale dipingere di chi riesce con l’arte a rispondere alle domande del Chi siamo? Da dove veniamo? e del Dove andiamo?

Il maestro Balbi si impone di rappresentare il viaggio che egli percorre da una condizione di solitudine, all’interno di una stanza vuota, dove il riecheggiare di suggestioni e di visioni arcane lo fa approdare in un mondo nuovo, plurale e collettivo, capace di racchiudere non più la sua sola condizione di artista, bensì anche quella dell’interlocutore ideale, quell’osservatore che davanti alla sua produzione può ora vedere quello che nel suo mondo è sempre mancato.

Il desiderio di partire, che è fonte primaria di questa specifica produzione del maestro Balbi, grafia e scalpita dentro alle scatole piene di pennelli e colori acrilici, e quel graffiare lascia un segno, che diventa disegno e si trasforma, attraverso le sue mani, in produzione artistica.

Il ciclo il Viaggio oltre il confine ruota intorno al tema duale “confini-sconfinamenti”. Dove il confine non è solo segno che separa e divide, ma anche l’unica linea in comune che hanno due fondi contigui, e lo sconfinamento si trasforma in un processo di incontro e di confronto, grazie al quale hanno origine nuovi percorsi. Sbaglia chi cerca di classificare e porre confini all’espressione artistica, come miseramente fallisce chi provi a recintare l’universo. Sembra essere questo il motto del maestro di Roccagloriosa.

Il Balbi è come Caronte, capace di guadare il fiume invisibile che separa il mondo materiale da quello impalpabile che si apre dietro a ogni sua tela. Il maestro sa bene, infatti, che occorre agire nelle zone di prossimità tra arte e vita creando continui sconfinamenti. Compenetrare è attività propedeutica del comunicare e fare arte è il vettore più efficace per poter interagire con il diverso, con il differente. Non serve aver avuto un vissuto comune, una lingua comune, un comune insieme di valori: per comprendere il balbismo è sufficiente osservare e lasciarsi trascinare dalla corrente di colori e forme che sfociano in un mare nostrum dove l’arte smettere di essere un oggetto e si trasforma in un’esperienza, in un sogno condiviso da una pluralità di persone che hanno in comune il solo fatto di essere stati osservatori della sua produzione.

Ma dove ci porta questo viaggio? In realtà ovunque, in ogni luogo che possegga la virtù di non essere questo luogo. In ogni altrove dove si arrivi solo dopo essere usciti dall’equivoco che porta a confondere l’arte con il divertimento o con l’intrattenimento. Pare a molti, infatti, che la scienza e gli accademici esistano per istruirli, mentre gli artisti solo per divertirli e rallegrarli. Che questi ultimi abbiano qualcosa da insegnare, non gli viene in mente a nessuno. E allora non resta che partire e andare altrove, dove si approdi solo dopo aver capito che gli altri parlano di ciò che già esiste, mentre l’artista inventa ciò che non esiste.

Ma come si creano gli universi paralleli, come si forgiano mondi che fino a pochi minuti fa non esistevano e ora sono la meta del nostro viaggiare? Il Balbi sa bene che “ogni viaggio che intraprendiamo configura un’avventura dello spirito che cadenza e contrassegna il percorso della nostra esistenza”.

“Si comincia a viaggiare nel momento stesso in cui veniamo alla luce. Venire alla luce significa partire per raggiungerla, attraversando tutti i colori della vita. Ogni tappa lungo il nostro cammino, così come ogni stadio della evoluzione umana, costella di riferimenti l’itinerario che di volta in volta seguiamo, delineando a poco a poco quella grande e unica meta che poi coincide con il viaggio stesso.

Le opere di Antonio Balbi, per il quale il pennello è vettore, il colore è propulsore e la tela l’universo in cui ogni volta viaggiare, tracciano un percorso di ricerca che struttura questa prospettiva di sensi.

Nel Viaggio della memoria, i fili del tempo annullano le esperienze degli uomini in una grande rete collettiva che simboleggia la nostra storia con i colori di un unico destino: insieme viviamo e insieme moriamo. Al di là delle differenze reciproche, ogni filo, ogni singola storia si ripercuote sull’altro e dobbiamo imparare a tenerne conto.

In Volo planare, la conquista meridiana di spazi lontani, di cieli intravvisti oltre la siepe, e i filamenti della natura danno corpo al viaggio verso terre lontane.

Carnevale a Venezia, invece, è il viaggio in una terra nota e foriera di sensazioni sempre nuove. Il carnevale nella città più pittoresca del mondo è un tripudio ci colori carnali che, sinestesicamente si fanno odore e sapore di colore. E’ festa, ma anche stordimento, in un vortice cromatico di passione. E’ questa un’opera indicata per una cromoterapia d’impatto stimolante.

In Allegro con gusto, invece, è il viaggio del pensiero che orienta lo spettatore. Un’unità di luce e ritmo si propaga per movimento ondulatorio, dando corpo ad emozioni che sollecitano pensieri vivaci, inquieti, mossi come un tempo musicale e gustosi come una viennetta. Una pluralità di chiavi di lettura è consegnata al fruitore dalle continue oscillazioni diurne, vaste come quelle di un oceano capriccioso, ma non in tempesta.

Analogamente avviene in Pizzicato con brio, opera che riproduce, con malinconica eleganza di frac a un ricevimento altolocato, la propagazione del suono d’arpa, languido e meditativo, teso alla proiezione in una realtà parallela. L’intrinseco valore cromoterapeutico di quest’opera, è stato sperimentato sul campo da pazienti di numerosi studi medici.

Ed è così che il viaggio procede, snodandosi attraverso percorsi paralleli eppure intrecciati in una sorta di riscrittura non euclidea, di geometrie alternative complesse come la matematica del mistero in cui è inscritta la storia di ciascuno di noi”.

Le tele del Balbi sono delle valigie, delle scatole da trasloco, che contengono tutto come possibilità. Dentro ognuna di queste scatole ci sono diversi sogni e una luce impacchettata con cura e amore.

Ma sono contenitori particolari queste tele del maestro Balbi. Sono rettangoli di tela in cui si aprono finestre dalle quali intravvedere un altro mondo possibile. Sono portali che ci spingono in un altrove in cui siamo già stati, ma che abbiamo dimenticato. Un nuovo spazio creato per noi dal Balbi, un nuovo terreno in cui poter proiettare la nostra immaginazione, per penetrare anima e corpo all’interno di un’esperienza dove verso e direzione non hanno più significato, dove tempo e spazio non servono più a nulla. Le tele del maestro di Roccagloriosa sono la barriera che occorre oltrepassare per trovarsi nell’infinito dal quale veniamo tutti.

Il Viaggio oltre il confine ci porterò in un assoluto indifferenziato dove poter scoprire che esistono forme geometriche che nel nostro mondo sembravano impossibili, come impossibile ci sembrava poter trovare una cura al nostro tempo dentro a una tela.

La cromoterapia è l’ultimo regalo che questo viaggio ci consegna. Tutte le tele di questo ciclo sono state studiate nella loro composizione cromatica e geometrica per poter essere usate secondo quell’antico dettame per cui, se ben strutturato, il colore è arte, forma, vita e pertanto terapia.

Ma che fare quando il viaggio finisce? Una volta tornati nella nostra solita dimensione, cosa ci resta di questo viaggio nel balbismo? La domanda è mal posta. E’ come chiedersi da che parte andare per raggiungere l a fine del mondo.

Il maestro Balbi, volendo comunque rispondere, fa sue la parole dell’unico premio Nobel per la letteratura José Saramago: “Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: “Non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui passi già dati, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare sempre il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito”.


Giovanni Rodini