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Figli e figliastri è uno scorcio di città, una parte per il tutto. Edifici, che sembrano pezze di
pongo rammendate assieme, prendono la forma di coloratissimi e sbilenchi cassonetti per i
rifiuti. Per strada e dentro a qualche finestra di abitazione ci sono solo omini neri, non persone.
Sono tutti uguali tra loro, del tutto simili a quelli che compaiono nella segnaletica stradale. Se
ne stanno per strada anche loro e danno indicazioni su come si debba vivere la Napoli
contemporanea.
Non hanno visi, al loro posto si ritrovano dei palloncini neri dai ghigni minacciosi, tutti intenti
in malefatte a danni di chi gli capita a tiro. Non sono nemmeno facce, piuttosto maschere,
copricapi, come tanti passamontagna indossati per rimanere un viso non noto. Non noto a
nessuno, nemmeno a chi dietro a quell’anonimato ha perso memoria di sé.
Poiché son maschere, non possono arrossire, non possono assumere le forme della vergogna
che talvolta fanno capolino tra i visi privi di travestimenti. Lo scuorno non fa presa su queste
teste rotonde che del pallone non hanno la sola sfericità, bensì, come anche le balle di cui si
nutrono, son privi di sostanza. Lo scuorno è un’espressione napoletana che indica lo sconfitto
in una contesa a cornate. Questo strumento della vergogna scivola via su queste maschere da
banditi, slitta fino a terra come una cosa di poco conto, come una debolezza da uomini antichi,
un obbligo del galateo del secolo scorso oramai desueto.
In lontananza si vede una ruspa che getta un enorme sacco d’immondizia dentro al cratere del
Vesuvio. Visto da qui quel sacco ha la forma di un salvadanaio, a significare che far finta di
smaltire i rifiuti è un’attività che rende piuttosto bene. La stessa luna diventa una preda, un
trofeo su cui mettere le mani.
Ma non tutto è perduto. Uno degli omini si è allontanato dagli altri, ha raggiunto il centro della
tela e, dissociandosi da quella barbarie, con una pennellessa ora si pitta o scuorn n’faccia. Una
striscia rossa lo sta finalmente facendo arrossire. Dove non può la legge, spesso, arriva l’arte.
Non resta che vedere se qualcun altro ne seguirà l’esempio.

Giovanni Rodini