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L’editrice di Mundi Live, la Dottoressa Margherita Chiara Immordino Tedesco, incontra il Generale di Corpo D’Armata Carmine Lopez, Generale interregionale della Guardia di Finanza dell’Italia Sud occidentale, competente territorialmente su Sicilia e Calabria. E’ stata l’occasione per riflettere su cosa comporti scegliere un cammino al servizio della comunità, un’esistenza regolata da tutto quel corollario di norme che reggono una vita in divisa. E forse da qui dobbiamo partire.

La chiamano divisa perché in effetti da qualcosa separa. Divide l’impulso che ognuno di noi, seppur in misura diversa, ha verso l’individualismo e l’egoismo, per elevare l’uomo al perseguimento di una meta più alta, quella in cui l’io diventa noi e si adopera al servizio della collettività. L’uniforme indossata per vocazione è un abito che non si limita a coprire un corpo, anzi, in realtà lo svela, annunciandone la presenza perché chiunque in stato di necessità possa riconoscere un servitore dello Stato e domandargli aiuto e assistenza. La divisa conferisce forma e sostanza a una vita dietro cui si apre un mondo di simboli e tradizioni, un ricchissimo patrimonio edificato con antichi valori, quei Moribus antiquis res stat romana virisque su cui si è fondata per l'appunto la civitas romana, principi che il presente ci chiede di riscoprire.

Il Generale Carmine Lopez è un uomo di Stato capace di testimoniare attraverso la sua vita tutti i valori che sottintendono una scelta al servizio della collettività. Il suo Cursus Honorum è iniziato alla Scuola Militare Nunziatella, dove ha conseguito la maturità classica prima di essere ammesso all’Accademia della Guardia di Finanza. Poi ci sono quelle lauree in Giurisprudenza, Scienze Politiche, Scienze della Sicurezza Economica e finanziaria e Scienze Internazionali e Diplomatiche e il Master Universitario conseguito in Diritto Tributario dell’impresa, presso l’Università Bocconi di Milano.

Non è possibile riportare il lungo elenco di alti incarichi che il Generale ha ricoperto. Ha più senso andare alla radice delle cose per scoprire attraverso il suo lavoro quali valori lo hanno motivato e lo hanno convinto a scegliere la vita militare già a giovane età.

Si scopre allora che i sentimenti di un tempo non sono cambiati, anzi, si sono rafforzati attraverso la prova dei fatti e oggi si possono riassumere nel suo invito a non lasciare che siano gli altri a scrivere la nostra biografia. Non importa dove si nasca, a che ceto sociale si appartenga, quali siano le difficoltà da affrontare, occorre che tutti si trasformino da spettatori in protagonisti. Lo sforzo che siamo chiamati a compiere in questo momento di crisi dei valori, prima ancora che di dissesti finanziari, dev’essere totalizzante e indirizzato al contributo che ognuno di noi può dare per superare le difficoltà che gli italiani stanno affrontando da qualche anno a questa parte.

“Questo significa, innanzitutto, mettere a disposizione della collettività il proprio intelletto, i propri talenti, le nostre migliori energie e dimostrare che in questo momento non abbiamo bisogno di maestri, ma abbiamo bisogno di testimoni”. E’ sempre stato così ma spesso tendiamo a dimenticarcene: il mondo non cambia con la tua opinione, bensì attraverso il tuo esempio.

Tra i migliori testimoni del nostro vivere in comunità ci sono le migliaia di donne e uomini che prestano servizio nella Guardia di Finanza, come negli altri Corpi dello Stato. Si tratta di generazioni di nostri concittadini che lavorando quotidianamente, lontano dai riflettori, per essere una parte importante della soluzione dei problemi del nostro Paese. Sono quelli che indossano uniformi che agli altri potranno apparire antiche, che portano la mano destra alla tempia in forma di saluto, che vivono a cavallo di due millenni convinti che la loro storia sia ancora necessaria per il bene della Nazione. Sono la nostra migliore società, educati a cogliere ogni opportunità per compiere gesti di altruismo, azioni che ad alcuni possono apparire eroiche, ma che sono frutto del senso del dovere che anima ognuno di loro e che li porta a esporsi al pericolo, finanche al rischio della vita.

“E’ questo il patrimonio di valori che dobbiamo trasmettere ai giovani, perché continuino ad avere fiducia nelle istituzioni, costruendo attraverso le loro scelte un futuro migliore che adesso è già nelle loro mani”.

Trasmettere certi valori ai giovani è parte importante del percorso formativo che i ragazzi seguono nelle Accademie Militari e che sono chiamati a insegnare a loro volta. A fronte di questo impegno per trasmettere i migliori valori ai giovani, però, ci sono i mille cattivi maestri che vivono dentro il nostro villaggio globale. La nostra società ha davvero molto in comune con un villaggio, a cominciare dalla sua spietatezza e alle barbare manie di protagonismo che, tronfie di arrivismo, si arrampicano su per rami già morti. Dai mass media, tradizionali e telematici, il modello che s’invita a seguire non ha molto a che fare con una vita di sacrifici a servizio dello Stato; sembra più una palestra, dove si allena il male peggiore: il menefreghismo verso qualsiasi scelta che possa migliorare la vita degli altri senza offrire ricchezza e fama immediata.

Ma quali sono nello specifico i valori cui s’ispirano le donne e gli uomini che prestano servizio presso la Guardia di Finanza? Il tema ha molte implicazioni filosofiche, un profondo ragionare tra etica e morale, ma che possono tutte essere riassunte nell’essere presente a se stessi, valutando sempre gli effetti del proprio comportamento sul piano etico. Si tratta di un’etica del comportamento che non deve fondarsi sul timore della sanzione, bensì sulla sola intima convinzione del militare circa la necessità di assolvere il compito che gli è stato assegnato.

Avviene così che l’etica nel campo della disciplina militare, costituisce l’unica vera garanzia che principi quali l’onore, la disciplina, il coraggio e l’abnegazione non s’infrangano davanti a interessi personali o di fronte ai gravi rischi personali cui può andare in contro il militare. Ecco perché appare indispensabile coltivare e promuovere, fin dalla giovane età, l’etica come fattore di principale coesione ed efficacia, a garanzia dell’assolvimento dei compiti delle Forze Armate.

Al diritto basta la sola legalità, alla morale no: così un’azione, non condannabile giuridicamente, può esserlo moralmente perché implica una valutazione, non solo esterna del comportamento ma anche interiore, cioè dell’intenzione e della volontà che ne sono all’origine. Al militare è richiesta una chiara sensibilità professionale, motivata dalla consapevolezza dei valori etici che ispirano una condotta razionale e prudente nella gestione e nell’impegno di tutti i giorni, per garantire condizioni di stabilità per una convivenza realmente pacifica.

Tutto questo comporta che il militare deve qualificarsi come cittadino esemplare, membro attivo di un’organizzazione che, contrariamente a quanto avveniva e avviene ancora negli Stati assoluti, dove le Forze Armate sono asservite per completo alla politica dei governanti, è, nello Stato democratico, al servizio della comunità nazionale e internazionale.

Occorre poter garantire alla comunità che il professionista in armi non sia soggetto alle mode del momento, all’oscillare del senso comune, all’alternarsi frenetico della definizione di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato. Oggi più di ieri, in un momento storico di notevoli difficoltà sociali ed economiche che non risparmiano nessuno, è vitale che i militari mantengano saldamente il senso etico del loro operare, continuando in ogni momento e circostanza a valutare le conseguenze del loro proprio agire, di questa operosità quotidiana che dev’essere sempre asservita al bene delle comunità al cui servizio sono impegnati, anche a rischio del bene più prezioso: la loro stessa vita.

Questo complesso di valori etici e morali sono doti che preesistono molto spesso alla scelta di una vita in divisa. Il Generale Lopez non ha dubbi e riconosce che spesso molti giovani ereditano questo corredo di preziosi valori già dalle loro famiglie. A molte di queste va il merito di aver insegnato ai loro figli come distinguere il bene dal male, che è poi propedeutico per poter farsi carico di responsabilità tanto gravose come quelle che abbiamo sino a qui richiamato.

“Quando incontravo i miei Allievi alla scuola ispettori dell’Aquila, dove sono stato comandante dopo il terremoto, dicevo loro: “Voi siete i migliori figli delle migliori famiglie italiane”. Questo significa che la radice è nella società. Coltivare questi valori e assicurarsi che i giovani crescano saldi nell’insegnamento trasmesso loro dalle loro famiglie è poi il compito delle Scuole Militari”.

Ma non basta accontentarsi di questo. “Il percorso di formazione che la Guardia di Finanza incentra intorno al senso della disciplina, della responsabilità, il senso del dovere è un percorso che dobbiamo estendere a tutti, perché non si può insegnare solo il sapere, bisogna tramandare anche i valori su cui si fonda questa società. E i valori sono quelli che sono trasmessi insieme a quelli della conoscenza. Senza i valori sociali, senza i valori della partecipazione, quelli della conoscenza rimangono fine a se stessi, sono cioè sterili”.

Ma vi è di più e lo si riscontra ogni giorno. Oltre a essere ispirati da valori di giustizia e democrazia, e forse per questo motivo, capita spesso che gli uomini della Guardia di Finanza abbiano anche una sensibilità particolare. Hanno cioè un profondo desiderio di essere d’aiuto, di essere un punto fermo, il faro da cui farsi guidare mentre il mare è in tempesta. Così succede puntualmente quando i militari della Guardia di Finanza vengono chiamati a prestare soccorso sulle coste in cui sbarcano le carrette del mare.

“Io posso testimoniare che gli uomini della Guardia di Finanza s’impegnano in ogni operazione con grande senso di solidarietà e spesso ho letto nel loro occhi il rammarico di non essere riusciti a salvare più vite di quanto hanno fatto. Vi assicuro che c’è, negli sguardi dei finanzieri che partecipano a queste operazioni, il dolore per non essere riusciti a fare di più”.

L’altruismo e il desiderio di garantire la propria parte è dunque un sentimento che unisce tutti i militari della Guardia di Finanza. E’ un insegnamento che arriva da lontano e di cui si può fregiare la storia delle Fiamme Gialle. Si tratta di un attaccamento alla propria divisa, l’orgoglio di essere in forze e a servizio per il raggiungimento di un bene supremo, qual è quello di prestare soccorso e svolgere con onore il proprio conto.

A proposito di onore, non può mancare il riferimento al concetto di Patria e di Tricolore. Non si tratta di retaggi del passato, di una liturgia replicata senza sentimento per assecondare un copione portato in replica per consuetudine. La Patria è un concetto che racchiude e sublima tutti quei valori che ispirano e in cui trova giustificazione l’agire delle donne e degli uomini che prestano servizio presso la Guardia di Finanza.

“Io credo che la patria sia un concetto che vive in ciascuno di noi, perché non si ravviva soltanto durante le partite della Nazionale, ma anche quando vediamo la Bandiera sventolare. Questo è certamente un valore che noi abbiamo dentro di noi e che è innato. E’ talmente radicato che non possiamo disconoscerlo. Il senso della società accompagna il senso della Patria e la Patria rimane sempre un valore cui s’ispirano tutti i componenti delle Forze dell’Ordine e delle Forze Armate”.

Ma ci sono anche esperienze personali negative con cui fare i conti. Una di queste è l’allontanamento di quelle persone credute amiche che una volta che venuti a conoscenza che si è diventati finanzieri, pretendono un trattamento di favore in ragione di una vecchia amicizia. Sono cose che sono successe a tutti, ma che non devono fare altro che rafforzare i valori e il cammino che si è scelto di percorrere. La Guardia di Finanza, come tutti i Corpi Militari, disconosce quel fastidioso adagio per cui si interpretano le leggi con gli amici, mentre le si applicano con i nemici. Chi decide d’indossare la divisa deve sapere che non ci sono né amici né nemici e non ci sono ruoli da interpretare, bensì c’è solo un servizio da rendere al proprio Paese.

“Io dico sempre che quando qualcuno di noi è costretto a recitare un ruolo, questo prova da attore rappresenta il fallimento del rapporto umano. Il fallimento di un percorso educativo che a un certo punto si è incrinato e si è spezzato. Come forze dell’ordine noi abbiamo il compito di riportare il tutto in una dimensione di normalità e la normalità è quella che si basa sul rispetto reciproco, sul riconoscimento dei diritti altrui. Quando poniamo in essere le nostre attività d’istituto, abbiamo sempre questo profondo senso del rispetto nei confronti anche del peggiore delinquente, perché dietro di lui c’è un uomo. Allo stesso modo non concediamo trattamenti di favore in ragione di amicizia o parentela”.

Vi è infine un altro punto sul quale modulare il proprio comportamento giornaliero. I militari sono cittadini e come tali devono crearsi le proprie opinioni, devono essere consapevoli di quello che sta succedendo nel Paese e a livello internazionale. Devono però essere anche consapevoli che la divisa che indossano non permette loro di esprimere le proprie critiche e le loro personali opinioni in ogni contesto, come possono fare invece i privati cittadini.

“Non tocca a noi esprimere giudizi sull’operato del Governo o, in genere, sulla situazione politica. Noi siamo sempre chiamati ad applicare la legge, ad applicare la volontà politica e il nostro ruolo non ci permette di esprimere opinioni. Ognuno di noi coltiva delle opinioni, ma sarebbe dannoso e scorretto esprimere un giudizio su quello che è deciso da chi ne ha facoltà, perché non è compito nostro”.

Questo aspetto di grande riservatezza, così contrastante con l’agire comune, dove chiunque abbia qualcosa da dire cerca una platea per acquistare un po’ di visibilità, conferisce all’operato di tutte le donne e gli uomini della Guardia di Finanza un fascino particolare. Lavorando sempre lontano dai riflettori, senza mai prendersi il merito in pubblico per il loro operato, tanto prezioso quanto fruttifero, i finanzieri ci appaiono come degli “eroi al buio”. Sì, loro sono i Servitori fedeli del nostro Stato e rinunciano al clamore dei mass media, facendosi bastare il Lume di quella Fiamma di Giustizia che è il loro Fregio.

Davanti a quella Fiamma mi pare che ogni finanziere, incurante delle luci della ribalta, dentro di sé sussurri: “O luce etterna che sola in te sidi, sola t’intendi, e da te intelletta e intendente te ami e arridi”. Certo queste sono parole dedicate a Dio, ma occorre molto amore per il genere umano, molto senso di asservimento per la propria Patria, una certa Fede profonda nelle Istituzioni per riuscire a trovare in quella Luce la ragione della propria vita.

Giovanni Rodini