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L’editrice di Mundi Live, la Dottoressa Margherita Chiara Immordino Tedesco, ha incontrato Asmahan Abdulhameed Altoqi, Ambasciatrice della Repubblica dello Yemen a Roma. L’incontro è stato l’occasione per parlare del delicato quadro geopolitico del paese e dei suoi rapporti con l’Italia. L’Ambasciatrice ha manifestato grande attenzione per l’immenso patrimonio artistico italiano. In questo quadro diventa importante una possibile collaborazione tra l’Ambasciata Yemenita e l’attività culturale che la Fondazione Mundi Live sta organizzando con la Fondazione Museo Bellini.

Gli arabi la chiamano Bilquis, gli etiopi Malcheda. Anche i testi sacri degli ebrei e dei cristiani parlano di lei, ma non ne dicono mai il nome, si limitano a chiamarla Regina di Saba. I testi antichi parlano di un assolato viaggio dal sud dell’Arabia fino alle mura di Gerusalemme. Uno spostamento di regie carovane tra le dune della penisola arabica sin dentro il palazzo di Salomone. L’incontro tra la Regina di Saba e il Re d’Israele, il più saggio tra i sovrani dell’antichità, avvenne attorno al 1000 a. C. e rappresenta la riunione tra due mondi geograficamente distanti: quello dell’Oriente e quello dell’Occidente.

Poi il vento ha corroso le alte costruzioni edificate con sfarzo nel regno della mitologica regina, restituendo alle sabbie del deserto la terra con cui furono costruite. Nonostante i ritrovamenti archeologici non abbiano chiarito se la Regina di Saba sia storia o duratura mitologia, il fascino e l’importanza della terra in cui sorgeva quel regno, perdurano ancora oggi.

Ora il paese si chiama Yemen e secondo alcuni il suo nome indica ciò che sta “a destra”, più propriamente “a destra dell’Est”, il punto cardinale fondamentale del sistema di riferimento arabo. Una posizione strategica che da sempre gli ha permesso di essere la cerniera che avvicina le sponde delle culture millenarie sorte nei tre continenti che la circondano.

Lo Yemen è un paese di straordinaria importanza nello sviluppo della civiltà umana. Con la sua gloriosa storia ha irradiato un progresso di cui si è avvantaggiato non solo l’Arabia Saudita, bensì tutto l’Oriente e il nostro Occidente.

Basterebbe accennare ai miti e alle leggende che ancora riecheggiano nel nostro tempo, al grande contributo all’evoluzione delle scienze e della filosofia tanto prospere negli antichi suoi regni. Tutta la civiltà umana è stata arricchita grazie alla fondazione delle sue splendide città, l’istituzione di credi e religioni, l’edificazione dei suoi sontuosi templi, l’adozione di codici, la promulgazione delle sue antiche leggi.  

Accanto a tutta quest’operosa attività civilizzatrice, ci sono anche la creazione di vie commerciali di straordinaria importanza che collegavano l’oriente all’occidente. Il mito del viaggio della Regina di Saba verso la corte di Re Salomone altro non è che la narrazione mitologica di qualcosa che da subito si manifestò concretamente nella vita di allora. Centinaia di navi salpavano già nell’antichità verso l’India e da quel mondo lontano facevano ritorno. Carovane di mercanti viaggiavano verso il nord della penisola araba, per poi tornare ai porti dello Yemen, spostando il commercio in Oriente.

Ma lo Yemen è anche un paese di struggente bellezza, un dono che non si consuma solo in termini puramente estetici. Occorre qui volgere l’attenzione a quella bellezza profonda che fa capo a mille cose: la capacità del sentire di un popolo e la sua nobiltà d’indole. Ciò che colpisce di più i viaggiatori che si spingono fino a quelle terre, è la dignità e la fierezza del popolo yemenita. Una consapevolezza di sé e del mondo vissuta in piena modestia. Una modestia che non è sinonimo di povertà, bensì di enorme ricchezza. Il sentimento più comune negli yemeniti è la fierezza che deriva dal sapere chi sono, cosa sono stati nella storia dell’umanità, dai millenni scorsi, fino ai nostri tempi. Tutto questo si rappresenta in un popolo che conosce la propria storia, i propri miti, la propria importanza millenaria.

Nel suo continuo dialogo con l’Occidente, lo Yemen ha saputo costruire con l’Italia un legame profondo. Entrambi i paesi sono stati importanti l’uno per l’altro. Lo Yemen, infatti, è stato centrale per l’Italia degli anni ’20 del secolo scorso e nonostante le differenti crisi, continua a esserlo. Il nostro paese, dal canto suo, quando si rivolge allo Yemen, lo fa sapendo di parlare a un amico.

Le relazioni tra i due paesi risentono ovviamente delle condizioni geopolitiche e dal susseguirsi di crisi che hanno incrinato molti equilibri e rese più complicate le stipulazioni di accordi bilaterali.

Dalla crisi finanziaria del 2008 alla Primavera Araba, dal pericolo di terrorismo di matrice islamica, fino ad arrivare all’attuale pandemia, sono molti gli avvenimenti che hanno messo in secondo piano i rapporti tra il nostro paese e lo Yemen.

La crisi in Libia e in Siria hanno monopolizzato l’agenda politica europea, ma l’Italia non intende trascurare lo Yemen, non solo per gli storici legami tra Roma e Sanaa, ma soprattutto, perché è nell’interesse di tutti che si ritorni a investire nello Yemen per provare a offrire al paese una maggiore stabilità economica utile a risolvere la lunga guerra civile che da decenni lo stravolge.

Il nostro paese non vuole considerare lo Yemen come una regione periferica, perché di fatto il Mar Rosso, con tutti gli stravolgimenti delle Primavere Arabe e la politica economica delle monarchie arabe, si è trasformato nella frontiera marittima del Mediterraneo.

Dal suo canto, la politica yemenita è attualmente costituita da alleanze fluide dove gli interessi e le identità locali sfociano spesso in contrasti bellici di natura quasi tribale, con grave danno per la stabilità e l’economia di questo nostro paese amico.

Occorre, come sempre, investire in diplomazia e cercare di scongiurare il perdurare di un conflitto armato che dura da anni e che non potrà che portare povertà e strappi sociali pericolosi nel paese.

La diplomazia, talvolta, conta più della politica. Occorre dare voce alla ragione, al desiderio di ricomporre una crisi tanto lunga con l’obiettivo primario di raggiungere una pace duratura. Il continuo susseguirsi di cessate il fuoco, che poi s’incendiano dopo poco e ritornano a essere guerra, non gioverà allo Yemen e gli permetterà di lasciarsi i conflitti armati alle spalle.

Questa è anche la funzione della cultura: spostare il dialogo sull’essere umano, non sui suoi possedimenti. La Dottoressa Immordino Tedesco sta dedicando gran parte della sua attività in investimenti culturali. L’apertura di un museo, la creazione di un’accademia d’arte, la volontà d’investire in formazione, professionale e culturale, sono tra le ragioni che l’hanno portata a creare Mundi Live.

La sua Fondazione, insieme alla Fondazione Museo Bellini, è attiva a livello internazionale e, oltre a sostenere l’arte e gli artisti di maggior talento, organizza eventi e mostre per portare la cultura al centro del dibattito.

A quel dibattito vuole partecipare anche Asmahan Abdulhameed Altoqi, Ambasciatrice della Repubblica dello Yemen a Roma. Le due donne sono convinte che sia auspicabile una loro collaborazione, affinché, attraverso eventi comuni, si riesca a dare la parola alla cultura e all’arte. Le varie anime che costituiscono la società yemenita devono poter trovare nella bellezza la salvezza di cui hanno bisogno.

Si dice che gli yemeniti si aspettano che i turisti regalino loro qalam o galam. Si tratta di comunissime penne stilografiche che servono per le scuole locali. La grandezza di un popolo si vede da cose come queste; dal non desiderare vestiti o pietruzze colorate, bensì ciò che serve per imparare a scrivere, per poter un giorno esprimere ciò che si pensa.